Yossl Rakover si rivolge a Dio

«Credo nel sole, anche quando non splende; credo nell’amore, anche quando non lo sento, credo in Dio anche quando tace». 

Non una sola storia si troverà tra le pagine di questo libro, ma almeno due, forse molte di più e a raccontarcele ci sarà Ivano Gobbato, martedì 30 gennaio ore 21.15, presso la Sala delle Associazioni.

Nel settembre del 1946 una oscura rivista in lingua yiddish di Buenos Aires, «El diario israelita», pubblicava Yossl Rakover si rivolge a Dio presentandolo come l’ultimo messaggio scritto da un combattente del ghetto di Varsavia.

Mentre il cerchio della morte si stringeva, minuto dopo minuto, intorno a lui – e ritrovato «tra cumuli di pietre carbonizzate e ossa umane, sigillato con cura in una piccola bottiglia».

Pochi conoscevano allora con precisione la storia della rivolta ebraica di Varsavia e della tragedia che con essa si consumò, ma subito il testo dell’ignoto combattente che, simile a un nuovo Giobbe, chiama in causa Dio e il suo silenzio di fronte al trionfo dell’orrore cominciò una lunga e singolare peregrinazione per il mondo, fra Israele, Germania, Francia, Stati Uniti – trasformandosi via via, di traduzione in traduzione, in leggenda.

Così la breve e fiera apostrofe a Dio di Yossl Rakover divenne simbolo, lascito testamentario di chi si rivolta contro l’iniquità. E quando il vero autore si fece vivo, rivelandosi come un ebreo lituano emigrato in Palestina allo scoppio della guerra, ci fu chi non volle accettare i fatti.

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